Calabria: rapaci, fringilldi e ghiri
La Calabria occupa la "punta" dello stivale ed è una regione scarsamente popolata, bruciata dal sole e con aspre montagne. Presenta delle problematiche particolari riguardo al bracconaggio come la presenza della criminalità organizzata: non di rado in questi territori i bracconieri e gli uccellatori denunciati sono gravati da precedenti legati a reati di associazione mafiosa, il che dimostra una collusione di interessi della ‘ndrangheta nel traffico di uccelli protetti, evidentemente proprio per gli alti proventi illeciti che se ne possono ricavare.
I fenomeni problematici più diffusi sono l'abbattimento di rapaci, la cattura degli uccelli per il fiorente mercato degli animali domestici, la caccia agli uccelli canori e la cattura dei ghiri.
Uccisione di pecchiaioli per dimostrare mascolinità
Come sull'isola di Malta, a soli 300 km più a sud, la Calabria ha mantenuto la tradizione della caccia ai rapaci fino ai giorni nostri.
Gli uccelli che migrano sull’Europa centrale volano attraverso le Alpi, scendono lungo l’Italia e attraversano il Mediterraneo dalla Sicilia verso la costa Nordafricana. In primavera ripetono lo stesso cammino in direzione contraria per raggiungere i siti di nidificazione in Europa Centrale e Settentrionale. In entrambi i casi i migratori devono attraversare lo Stretto di Messina, collo di bottiglia che separa l’Italia continentale dalla Sicilia. Milioni di uccelli passano attraverso questo stretto ogni primavera e autunno. Come in altre zone dove gli uccelli arrivano in grandi stormi, una forte tradizione di caccia si è sviluppata anche qui.
Lo sfondo è un antico rituale di mascolinità che oggi è diventato più un passatempo. Venute meno le tradizioni legate alla caccia all’adorno, oggi il bracconaggio non è altro che un’attività di puro divertimento, svolta nella più completa ignoranza del ruolo fondamentale ricoperto dagli uccelli rapaci per il mantenimento degli equilibri naturali.
Ogni anno migliaia di falchi pecchiaioli, ma anche falchi di palude, albanelle, aquile, cicogne e aironi venivano massacrati dalle doppiette. Insieme a questi a ogni primavera, dunque in piena fase riproduttiva, cadevano centinaia di migliaia di piccoli uccelli, come quaglie, tortore, upupe, rigogoli, gruccioni ecc. La caccia veniva praticata tutto l’anno, senza alcuna forma di limitazione o di controllo. Grazie agli sforzi condotti da conservazionisti molto determinati, la situazione è decisamente migliorata: sul lato siciliano, dove l'abitudine di puntare ai rapaci non è mai stata forte, il fenomeno è rientrato in pochi anni. Dall’altra parte dello Stretto invece, in Calabria, il bracconaggio è ancora oggi rampante. Il “sud selvaggio” della Calabria è una zona pericolosa dove i protezionisti hanno ridotto enormemente il numero dei bracconieri, ma non sono ancora riusciti a vincere la partita fino in fondo. Ogni anno, in primavera e in autunno centinaia di falchi vengono fucilati quando le condizioni di vento obbligano gli animali a veleggiare sopra le case e i costoni dell'Aspromonte.
Mentre negli anni ’80 il bracconaggio veniva esercitato alla luce del sole, persino all’interno della città di Reggio Calabria, oggi il fenomeno è molto più nascosto e quindi più subdolo, ma non per questo meno pericoloso
I bracconieri più incalliti, legati alla criminalità organizzata, poi, non si fanno alcuno scrupolo di utilizzare armi clandestine per abbattere i rapaci. I fucili in inverno vengono rubati ai cacciatori, privati della matricola di riconoscimento e nascosti sottoterra nei punti in cui è più facile realizzare il bracconaggio, cioè dove i rapaci sono costretti a volare più bassi e il rumore dei colpi è più difficile da sentire. E avvertire gli spari è sempre più difficile, visto che sono stati realizzati parecchi poligoni di tiro al volo distribuiti, stranamente, proprio nelle aree maggiormente interessate dal bracconaggio (Solano, Melia, Villa Mesa, Arghillà, Pentimele, Gallina e Campicello di Pellaro).
Trappolaggio di fringillidi e uccelli canori
Come in Sicilia, il trappolaggio di uccelli è ancora molto diffuso in Calabria. I fringillidi - principalmente cardellini, verdoni, fanelli e frosoni - vengono catturati con reti e immessi nel mercato degli animali domestici. I trafficanti di avifauna e contrabbandieri non servono solo il mercato locale, ma li vendono anche a Napoli, in Sicilia e a Malta.
Ghiri alla griglia
Il ghiro era già nei tempi antichi un cibo popolare dei romani. Il bracconaggio oltre a decimare questa specie, di recente inserita dall’IUCN nella Lista Rossa degli animali a maggior rischio di estinzione, finisce per colpire altre specie arboricole ancora più rare, come il Driomio (localizzato in alcuni boschi dell’Aspromonte) o la martora. I ghiri sono diffusi in tutti gli ambienti, persino nei frutteti di pianura. Ma prediligono i boschi maturi, dove possono trovare cavità per la riproduzione o il letargo invernale. Quelli più adatti sono querceti, castagneti e faggete.
Vengono cacciati in Calabria, in particolare nelle province di Cosenza, Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia e Reggio Calabria fino ad oggi. Gli animali, che pesano al massimo 150 grammi , vengono uccisi o intrappolati con diversi mezzi di cattura. All’inizio dell’estate i ghiri sono molto magri, in quanto reduci dal letargo invernale. E’ verosimile, pertanto, che vengano catturati per lo più vivi, e ingrassati con ghiande, castagne e foglie di pero, secondo tecniche risalenti all’Impero Romano, quando i ghiri venivano traportati vivi in appositi contenitori dalle legioni come riserva di cibo sempre pronta. Nel periodo invernale si trovano gli animali migliori, in quanto pronti per andare in letargo e quindi ricchi di riserve di gasso. Nemmeno durante il letargo invernale, però, questi animali sono lasciati tranquilli: vengono stanati dai loro rifugi con fumi di zolfo o infilzati con lunghi punteruoli.
I metodi di caccia sono due: il fucile e le trappole. La caccia con il fucile veniva esercitata un tempo nelle notti di luna piena. Oggi gli animali vengono abbattuti dopo essere stati localizzati sugli alberi grazie ai vocalizzi sociali e illuminati per mezzo di torce. Spesso vengono utilizzate armi di piccolo calibro o addirittura carabine ad aria compressa. In molti casi vengono utilizzate armi clandestine, cioè fucili privati della matricola e nascosti nel bosco pronti all’uso.
Quanti ghiri finiscano in cucina non è noto. A Guardavalle, una cittadina nella provincia di Catanzaro, è stata stimata una domanda annuale di 20.000 animali nel 2002. Il "contingente di cattura" è molto elevato: nel 2013 sono stati sequestrati 266 ghiri congelati e denunciati 4 bracconieri!