Sardegna: lacci per tordi e pettirosi

Ogni anno nel sud della Sardegna, fra le montagne di Capoterra e dei Sette Fratelli, centinaia di migliaia di uccelli sono vittime di un bracconaggio diffuso, intenso e fin troppo tollerato dalle autorità locali. Se nella punta sud-est della Sardegna sono le reti mist-nets a farla da padrone, nel sud-ovest le montagne sono letteralmente disseminate di centinaia di migliaia di piccoli lacci di crine di cavallo o nylon. Gli uccelli che vi muoiono strangolati vanno ad alimentare un fiorente e redditizio mercato locale che ruota intorno al ricco piatto natalizio delle “grive” (tordi in dialetto sardo).

All'inizio dell´inverno l'enorme macchia mediterranea che ricopre le montagne intorno a Cagliari offre un'area di svernamento ideale per milioni di pettirossi, tordi bottacci, tordele, merli e fringillidi provenienti dal nord. Oltre al clima mite e alla presenza d´insetti, nei boschi fruttifica il corbezzolo (arbutus unedo) ed il ginepro (juniperus communis), i cui frutti constituiscono la base alimentare degli uccelli svernanti. Gli uccellatori locali (pillonadoris) nascondono così fra questi arbusti carichi di bacche le loro trappole mortali.

L'uso di cappietti è però ormai da anni illegale in Sardegna, così come la vendita di uccelli appartenenti alla fauna selvatica. Il bracconaggio è tollerato un po´in tutto il territorio, i controlli sono poco incisivi ed anche il corpo forestale regionale fatica a stare dietro all'enormità del fenomeno.

A partire dal 1995 il CABS insieme con l'associazione partner LAC ha portato avanti numerose operazioni per contrastare il bracconaggio nell'isola. I risultati si sono fatti notare: mentre nei primi anni raccoglievamo più di 10.000 lacci (nel 2004 avevamo un "record" con 22.130), oggi raramente si superano le 500 unità in una missione! Tuttavia l'uso delle reti continua ad essere un fenomeno diffuso e preoccupante.