Komitee gegen den Vogelmord e.V. Committee Against Bird Slaughter (CABS)

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Trappole

In tutto il mondo cacciatori e bracconieri nei millenni hanno escogitato una lunga serie di trappole per catturare le prede desiderate: la maggior parte di queste sono estremamente crudeli. Mentre risulta difficile accusare i nostri antenati, oggigiorno l'utilizzo di trappole testimonia ignoranza, inciviltà e una mancanza di empatia, motivo per il quale sono proibite ovunque, con alcune eccezioni.

Schiaccia

E' una forma di caccia fra le più antiche conosciute per la cattura di piccoli uccelli: composta di una pietra piatta centrale di circa 3-10 chili sorretta da alcuni bastoncini posti in equilibrio precario. Quando un uccello si avventura sotto la pietra, attratto dalle bacche messe ad esca, con il solo sfiorare i bastoncini fa crollare l'intera costruzione, morendo schiacciato o soffocato. Fra le vittime non solo i tordi, ma anche pettirossi, cince, regoli, passere scopaiole. Le schiacce causano spesso la morte delle vittime per asfissia, congelamento o dissanguamento.

Per molto tempo si è ritenuto che queste trappole rimanessero diffuse solo sul massiccio centrale francese, in Lozère e Aveyron, con alcune apparizioni sporadiche in altre zone, come Maiorca, le Alpi Marittime francesi e addirittura la Puglia, eppure recenti nostri ritrovamenti sull'Appennino fanno sospettare che il fenomeno sia più diffuso di quanto ci si immagini.

In Francia, caso unico, è concessa una deroga per autorizzare l'uso di queste trappole brutali  ... per preservare la "tradizione"!

Lacci di crine di cavallo

Questo antico metodo di cattura risale all'età della pietra ed è tanto semplice quanto perfido: con il crine di cavallo (o con il filo di nylon) si forma un piccolo cappio vicino a bacche di sorbo fresche. L'uccello che vuole prendere l'esca, infila il collo nel cappio e quando cerca di volare via il laccio si chiude e strangola l'animale.

Innumerevoli tordi, cince, pettirossi e fringuelli sono le vittime di queste insidiose trappole presenti - con una normativa in deroga - nelle Ardenne della Francia settentrionale. Nel nostro Paese sono diffuse - illegalmente -soprattutto nell'Italia centrale e nel sud della Sardegna fra le montagne di Capoterra e dei Sette Fratelli: centinaia di migliaia di uccelli vi muoiono strangolati ogni anno per alimentare il redditizio mercato locale che ruota intorno al piatto natalizio delle “grive” (tordi in dialetto sardo).

Archetti

Gli archetti sono una delle forme piú arcaiche di trappolaggio nell'intera storia culturale d'Europa. Ad una prima occhiata il meccanismo di questo semplice strumento di cattura é notevole ed estremamente brutale. L'archetto é costituito da un arco in legno o in ferro armonico tenuto in tensione da una corda. Questa, legata ad una estremità dell'arco, lo tende incurvandolo; all’altra estremità invece la corda passa attraverso un tronchetto (chiamato castello) e termina in un cappio. Questo cappio si appoggia su un legnetto detto chiave che tiene in tensione la corda, bloccandola grazie ad un nodino stretto intorno alla stessa corda. L'uccellino si posa sulla chiave e smuovendola, con una semplice pressione libera la corda, permette allarco di distendersi e in questo modo stringe le zampe della vittima fra il cappio ed il legno.

Per attrarre gli uccelli sulla chiave, a pochi centimetri da questa vengono poste delle bacche di sorbo di colore rosso o bacche di fitolacca. In alternativa in alcuni casi sono state usate piccole matasse di lana di colore rosso. Le vittime cosí catturate sono costrette a penzolare a testa in giù con le zampe fratturate dalla scatto della trappola. Nelle tiepide giornate di autunno rimangono per ore in questa posizione, finché il bracconiere non passa a raccoglierli, quantunque molti muoiano prima per dissanguamento e per gli inutili sforzi fatti per liberarsi dalla morsa. Il 90% degli uccelli che finiscono vittime degli archetti sono pettirossi, una specie protetta in tutta Europa. I pettirossi sono uccelli molto curiosi e confidenti e le bacche rosse campeggianti nel bosco attirano facilmente la loro attenzione, ricordando il colore dei loro consimili. Fra le altre specie che cadono negli archetti figurano poi tordi bottacci, scriccioli, regoli, cince, fringuelli, peppole, ma anche civette e ghiandaie. I ghiri e i moscardini sono stati trovati spesso preda involontaria degli archetti. L'efficacia di queste trappole è incredibile. Statisticamente si è comprovato che un archetto su sette cattura un uccello al giorno. Se un bracconiere ha quindi una tesa di 70 trappole, è sicuro di catturare 10 pettirossi al giorno. Si calcola così che in una stagione di bracconaggio, dalla metà di settembre alla metà di dicembre, più di 900 uccelli finiscano nel carniere di ogni singolo uccellatore.

I primi archetti della storia risalgono probabilmente all'età del bronzo: testimonianze della loro esistenza si hanno in tutta Europa fino all'età moderna. In Germania venivano chiamati “Sprenkel”: dichiarati illegali nel corso del 1800, in alcune località vennero rinvenuti ancora in uso durante gli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale. Da allora sono letteralmente scomparsi da tutti i boschi d'Europa con solo tre eccezioni: il Friuli, i paesi Baschi e le province di Brescia/Bergamo. Per il Friuli ci sono segnalazioni di pochi casi isolati, mentre un solo caso è stato segnalato per i Pirenei francesi nel corso degli ultimi trent'anni. Dove invece gli archetti ancora la fanno da padrone è nei boschi bresciani – ed in misura minore bergamaschi – nel territorio compreso fra il lago di Garda e il lago d'Iseo. Nel corso degli anni '80 del '900 gli archetti potevano essere tranquillamente visti dai passanti nei giardini delle case dei paesi del bresciano, così come lungo le siepi, i prati o i boschetti a nocciolo. Nonostante fossero stati dichiarati illegali già da decenni, si può stimare che agli inizi del 1990 ci fossero ancora 150.000 trappole tese sulle montagne delle valli bresciane.

Durante il primo campo antibracconaggio organizzato dal CABS nel bresciano nel 1985 i risultati furono 3.266 archetti raccolti da sei attivisti nel corso di soli due giorni. Il numero degli archetti è poi diminuito sempre più fino ad oggi, cosicché, nonostante la durata dei campi sia progressivamente aumentata, nel 2006 in 4 settimane di operazioni con 108 partecipanti sono stati rinvenuti solo 1.436 archetti, mentre nel 2008 poco più di 1.900 e nel 2009 si è leggermente risaliti a 2.159. Ma a diminuire non è stato solo il numero di trappole, quanto anche la durata della stagione di bracconaggio: a causa della costante paura di essere sorpresi e denunciati, i bracconieri ormai restringono le loro attività alle settimane di più intenso passo migratorio.


Vischio

Anche l'uso di vischio e sostanze collose per catturare gli uccelli è noto dall'età della pietra. Il principio è lo stesso dappertutto: un bastone o un ramo viene ricoperto da un composto appiccicoso e posto in un cespuglio. Le trappole disposte orizzontalmente attraggono  maggiormente gli uccelli: li considerano un posatoio adatto e restano attaccati immediatamente.

La colla è tradizionalmente ricavata dalla polpa di vischio o dal succo di prugna ma oggi vengono più spesso usate le colle sintetiche. Le bacchette di vischio sono ancora presenti in Spagna e Francia (dove sono utilizzate con un permesso speciale), in Grecia, Turchia, Cipro e in tutto il Medio Oriente e Nord Africa. In Italia erano molto diffuse e sono quasi scomparse. 

Il vischio non è selettivo, così come tutte le altre trappole conosciute; anche esso infatti cattura ogni essere vivente che vi entri in contatto. A Cipro il vischio è particolarmente efficace per il bracconaggio, in quanto viene posizionato nei pochi cespugli verdi in un ambiente mediterraneo arido e spoglio di vegetazione. Non vi è potenzialmente nessuna specie di uccello che non possa venir impaniata nel vischio:  dalle cince, ai rigogoli, bigiarelle, bigie grosse, luì, pigliamosche, balie, averle, gruccioni, upupe, ghiandaie marine, cuculi, gheppi, falchi cuculo, albanelle e gufi.

Sep

E' una versione più moderna e molto più piccola delle antiche tagliole, versione che rende difficile la vita dei piccoli insettivori migratori. Si chiamano «sep», dallo spagnolo cepos (ceppi), e come le loro sorelle maggiori sono costituiti da due archi metallici tenuti in tensione da una molla, pronti a chiudersi, fracassando il collo o, peggio, le ali della vittima quando un uccello becca l’esca, rappresentata da larve di tenebrionidi, di mosca carnaria o da bacche di sorbo, questa fissata al meccanismo di scatto al centro della trappola. Piazzati a terra o a volte sui cespugli, i sep fanno strage di pettirossi, codirossi, culbianchi, stiaccini e balie nere.

Questo tipo di trappole metalliche a scatto si trovano in tutto il Mediterraneo - dal Portogallo, alla Spagna, a Cipro, ma sono particolarmente diffuse soprattutto in Italia.

Gabbie a "scala"

Questo tipo di gabbie funziona sul principio delle nasse utilizzate nella pesca: attraverso un foro praticato sul tetto di una gabbia o di una voliera, gli uccelli attratti dal cibo o da richiami vivi, vi entrano ma non riescono poi a trovare la via d'uscita. Questo sistema di trappolaggio può essere di diverse dimensioni: piccolo come una normale gabbia per uccelli o  grande anche come una roulotte. Non di rado, l'apertura superiore è formata da stecche laterali posizionate in modo da farle assomigliare ad una scala, ma possono anche essere semplici fori che non attirano l'attenzione.

Gabbie di questo tipo sono utilizzate per catturare uccelli canori (soprattutto nel Mediterraneo), grandi rapaci (soprattutto nell'Europa centrale e occidentale) o per catturare le tortore selvatiche (Malta).

Gabbia trappola

Sono dispositivi di cattura che spesso sembrano semplici gabbie per uccelli: hanno un'apertura a scatto che si attiva non appena l'animale tocca il meccanismo. Spesso la chiusura a scatto si trova nella parte superiore o laterale delle gabbie, mentre al centro è presente uno scomparto speciale per posizionare il richiamo vivo o l'esca costituita anche solo da cibo. Sono diffuse in tutta Europa: nel Mediterraneo sono utilizzate principalmente per la cattura di fringillidi e altri uccelli canori, nell'Europa centrale e occidentale per la cattura di corvi, gazze o rapaci.

Una tipologia di queste trappole (dette localmente "matoles") è utlizzata in Francia per la cattura degli ortolani. Sono aperte sul fondo e vengono posizionate a terra: non appena l'ortolano si avvicina all'esca, fa scattare la gabbia trappola che cade sull'uccello, imprigionandolo vivo.